Lo scorso 4 luglio Giorgio Faletti ci ha lasciato. Tantissimo il dolore di chi gli ha voluto bene. Roberta Bellesini, la moglie del comico e scrittore, lo ha voluto ricordare rilasciando un’intervista a Vanity Fair.
Quattordici gli anni insieme. La storia d’amore incomincia con una cena:
“Ero un po’ agitata perché pensavo di non aver argomenti di conversazione per via della differenza di età. Invece fu tutto facile, poi io sono sempre sembrata più adulta e lui più bambino, per cui la distanza era minore. Però ci vollero altre cene prima che ci baciassimo, finalmente, a casa sua. E dopo un po’ mi chiese di andare a vivere da lui a Milano”.
Nel 2002 la prima grande paura, quando Giorgio fu colpito da un ictus:
“Sì, era il giorno in cui avrebbe dovuto fare la sua prima presentazione di “Io uccido” alla Mondadori di via Marghera. Per fortuna ebbi la lucidità di descrivere bene i sintomi al pronto soccorso, per cui lo portarono al Niguarda. Poco dopo, però, dovetti prendere la decisione più difficile della mia vita. C’era un farmaco che poteva sbloccare la situazione, ma in Italia era ancora in via sperimentale. E, non sapendo bene da quanto tempo Giorgio era in coma, avrebbe potuto essere letale. Più il tempo passava, più aumentava il rischio. Il medico mi lasciò dieci minuti per decidere, e io rischiai. Ho sempre pensato che per avere risultati si debbano correre rischi”.
Giorgio, una volta sveglio e saputo di come si era comportata la sua compagna, decise di sposarla.
Faletti ha venduto milioni di copie di romanzi, ma la critica non gli ha mai dato il giusto valore:
“Infatti ne soffriva. Lui faceva comodo agli editori e ai festival, perché portava pubblico e faceva vendere tante copie. Però gli intellettuali non lo hanno mai veramente accettato”.
Il 2014 a gennaio, per puro caso, a seguito di una risonanza magnetica per un’ernia da controllare ed un fastidioso mal di schiena, la scoperta del cancro.
“ La nostra decisione di curarci in America era dettata soprattutto dalla necessità di avere un po’ di privacy. Nell’ultimo mese ha iniziato a non sentirsi più bene…faticava a camminare..a parlare… Hanno fatto diversi esami prima di capire che aveva metastasi al cervello. Era il 20 giugno. Lui aveva già deciso di tornare per fare la radioterapia in Italia, ma sono sicura che in cuor suo avesse capito che non c’era più nulla da fare. Desiderava tantissimo tornare in Italia, lo desiderava con tutto se stesso. Tant’è che ha tenuto duro fino a che siamo arrivati qui. Poi ha mollato. Vorrei però che tutti sapessero che non ha mai avuto un momento di rabbia o di sconforto. Mi diceva: “Comunque vadano le cose, io ho avuto una vita che altri avrebbero bisogno di tre per provare le stesse emozioni. E se penso che sarei dovuto morire nel 2002 e in questi 12 anni ho fatto le cose a cui tenevo di più, devo ritenermi l’uomo più fortunato del mondo””.